Fannie Flagg, le donne e l’arte del non deludere mai

Fannie Flagg non è una scoperta bensì una certezza. Prendi una sua opera, sceglila a occhi chiusi, e non rimarrai ugualmente deluso. Questo avviene anche con il suo ultimo romanzo, Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink’s Phillips Road, edito in Italia da Rizzoli.

Un libro scorrevole ma colmo di storie e storia: Sookie, donna dell’Alabama, pensa alla copertinasoglia dei sessant’anni alla sua vita futura, ora che tutti i figli hanno lasciato il nido materno. Certo, deve ancora occuparsi della madre Lenore, anziana tutto pepe, ma il tempo libero a disposizione sembra essere in procinto di dilatarsi. Invece una lettera dal Texas cambia tutto, svelandole porzioni di passato che rimetteranno in gioco il suo intero essere.

Cosa ci definisce in quanto individui? La nostra nascita o la nostra crescita? Saremmo persone differenti se i nostri genitori fossero stati altri o il nostro destino è già scritto? Queste solo alcune delle domande che Sookie si trova, di punto in bianco, a porsi. Perché Sookie conoscerà la storia di Fritzi, donna pilota che gestì con le sorella la pompa di benzina sulla Philipps Road 66, e immaginerà una vita diversa da quella che ha avuto.

La narrazione si snoda tra il presente e il passato, con le voci narranti di Sookie e Fritzi su tutte, quasi a voler paragonare le due donne nelle loro differenze e uguaglianze. Sookie, tranquilla casalinga dell’Alabama, e Fritzi, anticonformista del Midwest di famiglia polacca. Due donne intorno alle quali tutte le vicende si snodano; due donne che concentrano l’attenzione del lettore con la loro forza e le loro fragilità; due donne protagonista della propria vita e non solo. In Voli acrobatici e pattini a rotelle si ricorda, e esalta, la storia americana, tramite il racconto della vita delle WASP, le donne pilota che durante la Seconda Guerra Mondiale svolsero un ruolo fondamentale nell’aeronautica, senza però avere mai riconoscimenti militari, se non anni dopo quando si incominciò a parlare di loro.

Insomma, in un solo romanzo la Flagg ha raccolto più storie, ognuna interessante e coinvolgente, in un clima tipico dell’Alabama che ricorda al lettore un inizio di estate adatto proprio a questa lettura.

Del ‘caso’ Winterson.

Non avrei voluto parlarne. O forse sì ma non ne ho avuto il coraggio sino ad oggi, quando mi è capitato sotto gli occhi uno degli articoli più approfonditi e, a mio avviso, intelligenti sul caso Winterson.

Jeanette Winterson è una scrittrice britannica popolare in tutto il mondo. In Italia, il suo successo è iniziato con l’opera Scritto sul corpo, nel 1992, e nonostante le varie opere scritte, nel nostro Paese, è conosciuta principalmente dalla comunità LGBT proprio per la sua dichiarata omosessualità.

E cosa avrà mai fatto di tanto assurdo questa scrittrice per finire sulla bocca di tutti gli italiani? Avrà scritto un nuovo libro? Avrà sbancato i botteghini grazie alla trasposizione cinematografica di una sua opera?

No. Ha ucciso un coniglio. Un coniglio selvatico che amava andare nel suo orto a mangiare il suo prezzemolo. Lo sbaglio – se di sbaglio si può parlare – è avvenuto in seguito, quando ha deciso di pubblicare le foto dell’animale con tanto di ricetta. Non l’avesse mai fatto. Il popolo del web, assolutamente dedito in massa al veganismo e al fruttarismo, adirato e scioccato, ha sepolto in massa la signora Winterson di insulti e minacce, arrivando addirittura a dire che i suoi libri non devono più essere letti o che dovrebbero almeno sparire dalle nostre librerie.

Ma quanti hanno realmente un libro di Jeanette Winterson in casa? Quanti conoscono la sua biografia? Rispondo io: pochi. Pochissimi forse. Tanto che in quasi tutte le grandi librerie si è fortunati se si trova una delle sue opere. Così mi sono resa conto del fanatismo, da me poco digerito in qualsiasi contesto. Perché la maggior parte delle persone che hanno asserito che non leggeranno più i libri della Winterson, assassina, in realtà non sapevano neanche fosse una scrittrice.

Personalmente non ho apprezzato l’idea di pubblicare le foto, così come non apprezzo la pubblicazione di molte altre immagini sul web, ma bisognerebbe capire che la signora in questione non ha fatto nulla di diverso da quello che facevano in passato i nostri nonni. E ringraziamo i contadini odierni e del tempo che fu. Possiamo forse farne una questione morale ed etica, decidendo che in questo caso la Winterson sia stata crudele e lasciando invece pulita la coscienza di chi mangia carne, senza ucciderla con le proprie mani? Allora tutti i vegani intervenuti in questa questione dovrebbero leggere esclusivamente opere di scrittori vegani (e come farete a controllarli per esserne certi?).

L’articolo che mi ha fatto decidere di scrivere questa piccola riflessione si trova sul blog I dolori della giovane libraia (qui) ed è un articolo molto interessante che ci mostra esempi di vari scrittori dalla vita moralmente dubbiosa. Li abbiamo sempre letti, li abbiamo esaltati, li abbiamo divorati, sapendo perfettamente chi fossero nella loro vita privata.

Leggo o non leggo?

La dura vita del lettore prevede differenti fasi:

  1. leggo sempre e comunque, anche quando ho solo cinque minuti liberi;
  2. non dormo stanotte a costo di leggere;
  3. non mangio oggi e risparmio tempo per leggere;
  4. vorrei tanto leggere ma proprio non ho tempo;
  5. vorrei tanto leggere, ho il tempo per farlo ma…

La QUINTA fase, la famosa fase che ha, in momenti diversi, colpito tutti noi, trasportandoci in un vortice di domande e riflessioni, è certamente la più difficile da accettare. Perché è Giugno, la temperatura è mite, il tempo a disposizione è quello adatto, quindi né troppo né troppo poco, ma non riesco a leggere. E ne avrei di libri: ho quelli ben posizionati in libreria, a prendere polvere; ho quelli ben ordinati nel tablet ad ammuffirsi digitalmente; ho quelli che la mia amata bibliotecaria attende da mesi – ma il paese è così piccolo che se qualcuno li chiedesse, può sempre venire a suonare il campanello – e ho quelli nella mia wish list, che quando li ho inseriti sapevo bene di non poter vivere senza. Ho preso un libro di Pennac, pensando che sta bene su tutto, come l’olio; ho aperto uno dei miei amati thriller pieni di sangue e assassini, sicura che non potesse non piacermi; ho provato ad acquistare il libro di una nuova autrice, mai letta e quindi più propensa ad incuriosirmi ma…NIENTE, non riesco a leggere niente.

Certo, non posso lamentarmi, avendo letto un centinaio di libri in questi primi mesi dell’anno, però appena non leggo sento di perdere del tempo prezioso. Magari la prossima settimana avrò voglia di leggere molto e lo farò, e mi sentirò in colpa perché ho troppi libri e, avendo sprecato svariati giorni, non potrò finirli tutti.

(Sfoghi di crisi insane)

Chiuso per Kindle – perché i librai esistono ancora.

Sono una lettrice media, come tanti e tante altre, e le mie recensioni non vogliono insegnare niente a nessuno ma semplicemente far trasparire un mio gusto personale e, se possibile, invitare talvolta altri lettori alla riflessione. Perché un libro può piacere o meno, dipende dal gusto personale, ma esistono anche opere oggettivamente scritte bene e opere oggettivamente utili per una nostra crescita personale.

Quindi comprate Chiuso per Kindle, di Massimiliano Timpano e Pier Francesco Leoffredi,

immagine dal web

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perché è un libro bello, scorrevole, piacevole e bla bla bla…CAZZATE. Se siete dei veri cultori dell’oggetto libro, se sapete ancora sognare entrando in una libreria e se, per vari motivi, avete almeno una minima conoscenza dell’editoria storica e moderna, acquistate questo volume perché dice tutto ciò che avreste voluto che qualcuno finalmente scrivesse a chiare lettere. Perché Chiuso per Kindle fa sorridere, ridere ma specialmente svela al lettore il reale mondo in cui vive un libraio – di quelli veri, personaggi mitologici ormai in estinzione – offrendo molti spunti di riflessione (e a voi toccherà leggere i miei).

Partiamo dal principio: ci sono quei due tizi, due librai, che ogni giorno hanno a che fare non solo con i nostri, tanto amati, libri bensì con quegli esseri che a volte li comprano, ovvero i clienti. E ce ne sono per tutti i gusti. Così scoprirete che per qualcuno esiste ‘Harry Potter e la Croce di Gerusalemme’ – e non ci sarei arrivata neanche io ad un’invenzione del genere, partendo dal presupposto che ho smesso di leggere la saga quando ho scoperto che il quidditch è un gioco che si pratica sulle scope della Befana – e scoprirete che altri hanno manie davvero impensabili, come quella di controllare le virgole all’interno delle traduzioni.

E fin qui tutto potrebbe anche essere digerito facilmente, perché in fondo qualche strana abitudine l’abbiamo tutti e qualche titolo l’abbiamo inventato anche noi.

Però, e comprendo bene il punto di vista dei librai, non è possibile far finta di nulla davanti al cliente che chiede continuamente uno sconto e all’aspirante scrittore incredulo del fatto che il suo libro – opera massima del nulla cosmico – non sia esposto in vetrina. Qui entra in gioco la conoscenza dell’editoria e del mercato editoriale ed è vero, diciamolo, che nessuno, in questo campo, ne sa più del libraio. Perché il libraio ha contatti con gli uffici stampa, con le case editrici, con i rappresentati; perché il libraio sa molto prima di te cosa uscirà sul mercato fra tre mesi e su quali opere una determinata casa editrice punterà di più; perché il librario, purtroppo, sa anche che a causa di quello che viene definito il Mostro letterario, verranno prodotti tanti altri Mostri. E tu, che magari hai scritto un romanzetto, anche un po’ sgrammaticato, che narra la stessa storia che altri cento hanno scritto prima di te, perché dovresti essere in libreria? Magari quel libro l’hai anche pubblicato pagando centinaia di euro. Informati riguardo alla distribuzione del tuo editore/tipografo, che sicuramente, ricevuti i tuoi soldi, ti avrà fatto credere che la tua opera sarebbe stata reperibile OVUNQUE. Bugia.

Questo punto mi tocca profondamente, perché – e chi ha lavorato in piccole o medie case editrici lo sa – quotidianamente le mail per la ricezione di manoscritti sono prese d’assalto dalle opere più improbabili, in cui anche la base minima di conoscenza dell’italiano diventa un’optional.

Chiuso per Kindle mi ha ridato anche speranza: i classici si vendono ancora e così anche la poesia – quella vera, non quella che molti pensano di scrivere andando a capo ogni tre parole.

Chiuso per Kindle mi ha ricordato un caro amico libraio, uno di quelli veri, come Massimiliano e Pier Francesco, che mi ha sempre affascinato grazie alla sua profonda conoscenza del mondo del libro. Un giorno, se sarete fortunati, avrete un amico libraio – no, non un commesso di un grande megastore – e potrete andare con lui in giro per le fiere del libro di tutta Italia: ecco, prendetelo per mano e lasciate che vi racconti un po’ delle sue storie.

Voi due, voi due librai, che avete scritto questo libro, mi avete ricordato i sogni, quelli che cercavo da bambina tra le pagine di carta, perché un libraio, se lo ascolti, ti regala viaggi, esperienze ed emozioni. E se devo pagarlo questo viaggio, ve lo pago volentieri, senza sconti.

La tesi supportata in questo volume è ciò che mi ha colpito maggiormente, perché è una tesi valorizzata dai più ma forse mai snocciolata al pubblico così bene: nonostante il digitale il libro sopravviverà. E ci credo fortemente anche io.

Ho un Kindle, lo ammetto. Leggo molti libri in versione digitale, per motivi banali quali risparmio di spazio e denaro. Però mi purifico dai peccati frequentando assiduamente la biblioteca del mio piccolo paesello, costituita da volontari ormai abituati al mio continuo smarrimento della tessera. Non leggo le recensioni sul web, non compro eBook in base agli algoritmi insensati dei siti di vendita, non compro neanche gli inserti settimanali dei maggiori quotidiani; sapete come scelgo i libri da acquistare? ANDANDO IN LIBRERIA.

Andate in libreria, sfogliate il volume, annusatelo – sì, annuso i libri e l’odore della carta non è paragonabile a nulla – e fatevi catturare da un titolo, una copertina o una storia. Osservate e scegliete, ascoltate i librai, parlate con loro e fatevi trasportare nel loro mondo.

Il libro non svanirà mai, perché non è solo un oggetto e non è solo un supporto ma è un mondo. E allora, per risparmiare, o almeno così faccio io, alcuni volumi li acquisto nel loro bellissimo formato di carta, altri nel loro comodo formato digitale.

Il libro non svanirà mai. Non lo dicono solo i librai – indipendenti, che ogni giorno sudano il loro pane tra le novità, i classici e i clienti – ma lo dicono i fatti che, forse, non sono sotto gli occhi di tutti.

Lo dico anche io. Sono figlia di una rilegatrice – non sapete cosa sia? – che ancora cuce libri a mano, con ago e filo, e crea copertine e dorsi stampando con i caratteri mobili – sì, gli stessi del famoso Gutenberg – e sono cresciuta giocando tra le A maiuscole e le E accentate. Insomma, il libro è magia, dalla prima volta in cui ne venne stampato uno nella storia.

Comprate Chiuso per Kindle perché sognerete navigando nella realtà.

(Ehi, esiste anche in versione digitale!)

 

 

Consigli per le vostre letture estive!

Biblioteca Lesbica

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È tempo di estate, è tempo di letture.
Per chi trascorrerà le vacanze su una spiaggia assolata e per chi, invece, preferirà la montagna e la sua temperatura mite, Biblioteca Lesbica vuole offrire uno spunto per scegliere le opere da portare con sé in valigia.

E ce n’è per tutti i gusti.

Se amate i classici, non possiamo non consigliare la lettura di Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, di Fannie Flagg. Il romanzo, del 1987, è ormai conosciuto a tutti, anche grazie alla trasposizione cinematografica del 1991. Le vicende vengono narrate dalla signora Weems e dall’anziana Threadgoode che racconta anche la storia d’amore tra Ruth e Idgie. Un resoconto emozionante, reale e dolce della società degli anni Trenta e Quaranta, capace di trascinare il lettore fino alla sua fine.

Per chi invece cerca qualche novità, tra le ultime opere a tematica uscite sul mercato…

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Time Crime e Linda Castillo

Time Crime è un progetto editoriale di Fanucci Editore, ovvero un nuovo marchio rivolto a agli amanti dei gialli e dei thriller che propone nuove opere e romanzi cult. Time Crime punta su copertine semplici e titoli di impatto, font che richiamano subito il genere e un catalogo adatto a tutti i lettori che io chiamo ‘lettori gialli’. Come me.

Così ho scoperto una scrittrice, Linda Castillo, e le sue quattro opere, nonostante la prima di queste, ‘Costretta la silenzio’, fosse stata già pubblicata da Fanucci nel 2010. E le ho divorate. O almeno ho iniziato a divorarne tre, terminandole in una settimana, mentre la quarta sta aspettando la notte che verrà per essere letta.

‘Costretta al silenzio’, ‘In un vicolo cieco’ e ‘La lunga notte’ sono i primi tre romanzi copertina dal webdell’autrice, seguiti da ‘Scomparsa’, in cui la protagonista, Kate Burkholder, capo della Polizia di Painter’s Creek in Ohio, ex Amish, dovrà investigare su oscuri e malvagi omicidi. Nulla di nuovo, soprattutto trattandosi di thriller, penserete voi. In realtà la Castillo, nei suoi romanzi, tratta temi che difficilmente vengono trattati altrove, parlando delle comunità Amish, comunità in cui la sua protagonista è nata e cresciuta.

Gli Amish costituiscono una comunità religiosa con regole e leggi ferree che li mantengono lontani dal mondo comunemente definito ‘occidentale’. Infatti non è loro permesso l’uso dell’elettricità e delle automobili, così come non è permesso vestirsi con abiti ‘lussuosi’ e adornarsi. Vietati anche i ritratti e le fotografie così come qualsiasi tecnologia. Le più grandi comunità Amish si trovano in America e nell’Ohio in particolare. La loro storia risale al Cinquecento e interessanti saggi e opere varie sono state scritte sull’argomento. Al loro interno, gli Amish, sono suddivisi in altre chiese tanto che alcune sono meno rigide di altre e permettono l’utilizzo di strumenti elettrici per il lavoro o per le emergenze (spesso solo il vescovo, capo della comunità, possiede un telefono che si può usare solo in casi di assoluta necessità). Proprio per questi e altri motivi, i rapporti tra Amish e la comunità sono spesso difficili, tanto che tutti gli estranei vengono da loro chiamati ‘inglesi’, nonostante queste comunità siano assolutamente pacifiste e spesso aperte per chi voglia aggregarsi a loro.

Ed è qui che Linda Castillo ambienta in suoi romanzi. Una poliziotta, messa sotto bann dalla comunità a cui apparteneva (nelle comunità Amish il battesimo viene dato in età adulta e chi decide di non battezzarsi viene escluso), indaga su crudeli omicidi che vedono coinvolta la comunità Amish, spesso portata a non voler avere contatti con l’esterno e aiuto dalla Polizia. Così Kate dovrà anche fare i conti con il suo passato.

I romanzi sono scorrevoli e, specialmente dalla metà in poi, diventa praticamente copertina dal webimpossibile staccarsene fino al termine. Ecco svelato il mistero delle mie, ormai perenni, occhiaie. Una piacevole scoperta che non smetterò di seguire.

 

La generazione de Gli sdraiati

Un saggio sulle nuove generazioni. Il punto di vista di un padre che cerca di comprendere dal webciò che può avvenire nella mente di un figlio. A tratti ironico e divertente, a tratti così riflessivo da farti sprofondare in una sensazione di ‘non speranza’. ‘Gli sdraiati’ racconta le generazioni a confronto e analizza soprattutto la generazione dei nuovi adolescenti che, come descritto, sono soliti diventare un tutt’uno con il divano, in mutande, con una mano sul telefono, una sul computer e le orecchie chiuse dagli auricolari di un MP3.

E ho sorriso tristemente pensando alle nuove generazioni che non riescono a godere della bellezza di quelle piccole cose che per i nostri genitori sono tradizioni, che sia un tramonto, un temporale o una montagna. E ho riconosciuto in parte me stessa – anche se i diciotto anni li ho superati da un bel po’ – nei ragazzi che lanciano calzini ovunque e indossano felpe irriconoscibili per forme e misure. Perché io sono della generazione a metà: quella non ancora totalmente dipendente dalla tecnologia ma quella che ancora fatica a vedere una speranza nel futuro.

‘Gli sdraiati’ è un libro che comunemente verrebbe definito ‘di poche pagine’ ma l’autore in quelle pagine ha racchiuso l’intero globo di un padre e un figlio messi a confronto, analizzando anche i comportamenti, le paure e le sensazioni dei genitori. Un’opera che, al termine, ho ritenuto reale, cruda e forse anche dura nelle sue verità. Un apprezzamento particolare per lo stile scelto da Serra che è stato capace di fornire al lettore un libro al cui interno si trova ‘il tutto’, un’opera che riesce a far riflettere il lettore senza annoiarlo.

E nella lotta tra l’armata dei Vecchi e dei Giovani, chi vincerà?

Io ci sono – la mia storia di NON AMORE

Tutto iniziò il giorno in cui, come molti italiani, la notizia di una donna aggredita mi fece destare dai miei pensieri, e alzai il volume della televisione. Sentii poche parole, e tra queste acido e Pesaro. Nella mia mediocrità – lo ammetto – conoscendo molte persone di quella città, scrissi a loro, chiedendo se per caso conoscessero la donna aggredita. Molti minuti dopo, mi resi conto che in fondo tutto questo non era importante, anzi.

Perché Lucia Annibali, chiunque fosse, era ugualmente importante, era ugualmente una donna, una vittima, una persona violentemente aggredita. Così è iniziato il mio piccolo, personale, viaggio alla scoperta di una donna. Una donna che ne rappresenta molte, troppe, e che è diventata simbolo di forza, rinascita, per tutte. Una donna che si presenta oggi davanti alle telecamere e mi commuove per la sua semplicità e per il suo sorriso, per quella voce, ad oggi, capace anche di scherzare.

E’ stato come realizzare in quel momento che non poteva accadermi niente di peggio e che quindi avrei potuto soltanto rinascere, finalmente.

Questa una delle tante frasi con cui una donna mi ha fatta commuovere, perché mi ha fatto riflettere – non che prima non ci pensassi – profondamente su quanto sia psicologicamente distruttivo convivere con la paura di una persona, con la paura che una persona possa farci del male. Perché il male non sta solo nella violenza fisica, purtroppo quasi sempre atto ultimo, ma anche in tutta la violenza psicologica a cui i carnefici sottopongono le loro vittime.

Lucia è stata ospite ieri sera della trasmissione Porta a Porta per presentare il libro ‘Io ci dal websono. La mia storia di non amore’, accompagnata da Giusi Fasano, co-autrice. L’opera racconta la relazione tra Lucia e Luca Varani, mandante dell’agguato, dal corteggiamento fino al processo. Io provo rabbia, sdegno, quasi desiderio non solo di giustizia. Lucia mi insegna altro, mentre parla, e la guardo negli occhi e la trovo una donna bellissima.

Per Lucia, per Valentina, per William…per tutte le donne e gli uomini di cui non conosciamo magari i nomi, vittime del NON AMORE di compagni/e ed ex, lottiamo insieme affinché questo non accada più, mai più; lottiamo insieme affinché ci siano leggi severe e reali e affinché le denunce non rimangano inascoltate.

 

 

Quando io ho iniziato a leggere.

Da svariati mesi mi capita di avere contatti con lettrici mamme o lettori papà, e una delle domande più frequenti che questi mi pongono è: come faccio a far piacere la lettura a mio figlio? Come posso invogliarlo a leggere?

Queste domande mi hanno fatto spesso pensare a come e quando ho iniziato a leggere io.

Non ho alcun titolo professionale che mi possa aiutare nel trovare una risposta adatta, se non brevi nozioni pedagogiche e psicologiche di anni fa, ma ho dalla mia parte quello che conta forse di più: l’esperienza personale.

Un bambino non è altro che una riproduzione (fisicamente in miniatura) di un adulto e leggerà, se ne avrà voglia, per le stesse motivazioni: svago, rilassamento, gioco e così via. Perché in fondo noi adulti leggiamo per questi motivi, sicuramente rivisti in un’accezione più ampia rispetto ai termini utilizzati prima.

Ho iniziato a leggere a sei anni, ovvero non appena ho imparato a farlo realmente. Ho letto fiabe, fumetti (chi ha rubato la mia collezione dei ‘Topolino’?) e tutta la collana completa de ‘I piccoli brividi’ (sarà un caso la mia odierna passione per i gialli e i thriller?). Avevo una storia preferita (devo fidarmi delle parole dei miei genitori) ed era ‘Pinocchio’ nella versione originale di Collodi. Ho ancora il volume come prova per i posteri. Ho letto a dieci anni circa ‘Narciso e Boccadoro’ di Hermann Hesse e, al compimento dei tanto attesi dodici anni, sono passata a ‘Ti prendo e ti porto via’ di Ammaniti (e saprete bene che non sono propriamente opere adatte all’età della fanciullezza).

La domanda fondamentale è però un’altra: perché ho letto? Perché ho letto tutto quello che potevo leggere?

La risposta, l’unica che ho trovato, è una: ho letto perché mia madre è sempre stata una grande lettrice; perché ero circondata da libri che mi venivano comprati, prestati o che semplicemente trovavo in casa perché di altri; perché vedevo mia madre sul divano con un libro in mano e volevo imitarla. Ho iniziato a leggere per imitazione. Ho proseguito per riuscire a respirare.

Vero anche che all’epoca non esistevano tanti giochi così come tanti cartoni animati o programmi dedicati all’infanzia; all’epoca potevi giocare con le bambole (o le macchinine), potevi guardare i cartoni animati per un’ora al pomeriggio, potevi costruire con le Lego e potevi leggere. Io facevo in ordine tutte queste cose.

Quindi consiglierei ora, a tutti quei genitori che me lo chiedono, di spegnere la televisione e accantonare i giocattoli, per sedersi con i propri figli sul divano (o sul letto prima di dormire) e leggere loro una storia o leggerla con loro. Direi loro di leggere il più possibile davanti ai loro figli, anche se spesso è più semplice attendere che questi siano a dormire; direi loro di portare spesso i loro figli nelle librerie per lasciar loro il modo di conoscere effettivamente quello che è ‘l’oggetto libro’ in modo che ne rimangano attratti o incuriositi.

Sicuramente c’è qualcosa che non funzionerà mai, ovvero l’obbligo, che si sia piccini o grandi.

Un uso qualunque di te – Sara Rattaro

Una famiglia borghese apparentemente serena è quella formata da Viola, Carlo e dalla diciassettenne Luce: grandi occhi spalancati verso il futuro. Distratta madre e moglie, Viola coltiva mille dubbi sul suo presente e troppi rimpianti camuffati da consuetudini. Carlo, invece, è un marito presente e innamorato e la solidità del legame famigliare sembra dipendere soprattutto da lui. È quasi l’alba di una notte di fine primavera quando Viola riceve un messaggio da suo marito che le dice di correre in ospedale. Stava dormendo fuori casa e si deve rivestire in fretta, non c’è tempo per fare congetture, il cellulare ora è scarico e nel messaggio non si dice a quale ospedale debba andare né cosa sia successo. Una corsa disperata contro il tempo, i sensi di colpa e le inquietudini che da anni le vivono dentro. Fino al drammatico faccia a faccia con il chirurgo le cui parole porteranno a galla un segreto seppellito per anni e daranno una sterzata definitiva al corso della sua esistenza.

copertinaHo aperto questo volume circa due settimane fa, ho letto i primi capitoli e l’ho chiuso.

Fino ad oggi.

L’ho chiuso perché consapevole del fatto che sarebbe stata una di quelle opere capaci di entrarti dentro, nelle viscere, e farti sanguinare. Anche se tu non sei la protagonista, anche se tu non hai mai neanche compiuto una delle tante azioni narrate.

Infine, è arrivato il suo tempo. Perché i libri hanno momenti precisi per essere letti. Così oggi l’ho riaperto e l’ho terminato. Poche ore ma realmente intense.

Questo è un venerdì sera – e nessun blog pubblicherebbe una recensione un venerdì sera – in cui le lacrime – che solitamente tengo ben salde in me – si sono lasciate andare. Scrivo con il classico ‘sasso sullo stomaco’ e con un bruciore in gola che significa emozione. Perché in quest’opera c’è il sentimento ma specialmente c’è la sua espressione completa. ‘Un uso qualunque di te’ mescola dolori, sbagli, emozioni e felicità. ‘Un uso qualunque di te’ parla di azioni, gesti, pensieri detti e taciute e di consapevolezze.

E Viola, il personaggio che forse inizialmente potrebbe piacere forse poco, diventa in realtà la donna che in parte c’è in tutte noi: una donna che sbaglia, lo sa e arriva quindi a trovare quella che le sembra la strada più adatta per porre rimedio ai torti provocati.

Sara Rattaro, l’autrice a cui vanno i miei complimenti, è stata capace di coniugare in questo sublime romanzo l’intera complessità degli animi umani.